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pasticcio metropolitano

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pasticcio metropolitano
PASTICCIOMETROPOLITANO
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CITTADINI AREA FIORENTINA
COMITATI DEI CITTADINI - FIRENZE
PASTICCIO METROPOLITANO
Negli ul mi mesi si sono varate misure d’urgenza ( in par colare dopo il decreto 6 luglio del 2012 sulla spending review, conver to nella legge 7 agosto n.
135), che porteranno in tempi brevissimi a uno dei più profondi riasse% del nostro asse&o amministra vo determinato dalla Cos tuzione Repubblicana
del 1948. Interven radicali sulle provincie, sulle aree metropolitane e sulle autonomie locali che sembrano fru&o dell’emergenza senza minimamente
coinvolgere i ci&adini e le is tuzioni in modo adeguato all’en tà della riforma che si sta varando.
Per questo riteniamo u le aprire una riflessione, un diba%to, o almeno un po’ più di informazione sulla ques one, riproponendo e diffondendo anche nel
nostro no ziario l'interessante e ar colato contributo di Daniela Porra pubblicato sul giornale on line Stamp Toscana del 3 o&obre u.s.
IL ROMPICAPO DELLE PROVINCE. E FIRENZE RESTÒ SOLA
Dopo le occasioni della L. 142/90 e della legge costituzionale 3/2001, cui non è seguita alcuna concreta attuazione, col decreto 6 luglio del 2012
sulla spending review, convertito nella legge 7 agosto n. 135, si sono aperte delle certezze: le 10 città metropolitane previste per il territorio italiano
si faranno e, a quanto pare, in tempi brevi.
In particolare, con Deliberazione del Consiglio dei Ministri del 20 luglio 2012, sono stati stabiliti i criteri del riordino, basati sulla estensione
territoriale (almeno 2.500 chilometri quadrati) e sull’entità della popolazione residente (almeno 350.000 abitanti). Il Consiglio delle
Autonomie Locali (C.A.L.) di ogni Regione, entro 70 giorni dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della Deliberazione di cui sopra,
avvenuta il 24 luglio, devono presentare una loro proposta di riordino (2 ottobre). In assenza della presentazione, tocca alla Regione effettuare la sua
proposta di riordino, entro 92 giorni dalla pubblicazione, cioè entro il 24 ottobre, e trasmetterla al Governo.
Quest’ultimo, entro 60 giorni dall’entrata in vigore della legge di conversione, avvenuta in data 15 agosto, cioè entro il 14 ottobre (o al massimo
entro il 24 se il C.A.L. non decide), procede con proprio atto legislativo al riordino delle province con contestuale ridefinizione dell’ambito
delle città metropolitane. Siamo quindi alla vigilia di una questione vitale per il territorio italiano, e non solo dal punto di vista del risparmio
istituzionale. Ma ancora una volta la realtà politica toscana, quella che abbiamo sotto osservazione diretta, non finisce di stupirci.
Se l’asse Firenze-Prato-Pistoia, costituito dalle tre città della Piana, è stato considerato dalla cultura urbanistica, almeno dagli anni ’60, come
un tutt’uno, una vera e propria realtà metropolitana a motivo della evidente concentrazione urbana del tessuto insediativo e produttivo, della
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condivisione del sistema infrastrutturale della mobilità e dei trasporti, del sistema dei servizi pubblici e delle previsioni attinenti lo sviluppo di tipo
economico e sociale, realtà che necessita appunto di una visione coordinata ed omogenea, ecco che in questa occasione si formano subito due scuole
di pensiero. Il Comune di Firenze, per bocca dell’Assessore al Bilancio, Alessandro Petretto, trova assurda l’aggregazione di Prato e Pistoia (che ci
azzecca Prato con Firenze?).
La Regione Toscana sembra decisamente più fantasiosa non rinunciando a proporre una aggregazione di area vasta fra Firenze, Prato e Pistoia, per
poi affiancarla alla città metropolitana fiorentina.
In realtà Prato, attratta dal poter esser capoluogo di una vasta provincia, non è interessata a entrare nell’area metropolitana, impedendo
così anche a Pistoia (che invece lo vorrebbe) di entrarvi, in quanto mancherebbe la continuità territoriale.
Ma ecco che in data 2 ottobre si è riunito il C.A.L. e, non trovando l’accordo sulle province, ha trasmesso al Consiglio Regionale due
ipotesi diverse, una con 4 e una con 5 province. Quello su cui tutti si sono trovati d’accordo è che Firenze sarà città metropolitana in splendida
solitudine territoriale, corrispondendo il suo territorio a quello dell’attuale provincia (con il Comune di Empoli e soprattutto di Palazzuolo sul
Senio e Firenzuola che, loro sì, non ci azzeccano nulla con la realtà metropolitana): ben poca cosa come novità territoriale, soprattutto nel caso di
Firenze che è inscindibilmente legata alla Piana. L’unica differenza sostanziale rispetto alla situazione antecedente sarebbe la competenza
urbanistica che dai singoli Comuni passerebbe alla città metropolitana (ex Provincia di Firenze).
Ma se l’obiettivo principale è quello di pervenire al coordinamento territoriale fra i comuni della sola ex Provincia, si badi bene, il
risultato è deludente. Ben diverso impatto infatti avrebbero potuto avere le Regioni se non avessero rinunciato a quel potere di regolamentazione
urbanistica e pianificatoria a suo tempo delegato loro dallo Stato (che, in questo modo, ha a sua volta rinunciato a stabilire le linee guida della
pianificazione territoriale nazionale), potere che non può limitarsi alla approvazione di una legge regionale come enunciazione di buone pratiche la
cui effettiva osservanza non viene verificata da nessuno. E magari avessero istituito quella figura fondamentale di funzionario, che in Germania si
chiama “direttore generale delle costruzioni”, non nominato dalle amministrazioni pubbliche ma scelto direttamente dai cittadini in apposite
elezioni, con il compito di provvedere al riordino degli scenari urbani e paesistici. Provate a sorvolare in aereo il territorio tedesco e capirete il
significato del termine “riordino” raffrontato alla disastrata realtà territoriale italiana.
La costituzione delle città metropolitane ci aveva fatto sperare nella possibilità di invertire la attuale tendenza allo sfacelo del territorio: in
particolare con la città metropolitana di Firenze-Prato-Pistoia ci aspettavamo finalmente una seria riflessione a scala adeguata sul sistema
dei trasporti e delle infrastrutture, degli investimenti e delle opere effettivamente necessarie, ma purtroppo ci rendiamo conto che ancora
una volta una importante occasione andrà perduta.
Daniela Porrati
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