831 Il Candelaio è il soprannome piuttosto osceno che
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831 Il Candelaio è il soprannome piuttosto osceno che
831 Il Candelaio è il soprannome piuttosto osceno che Giordano Bruno affibbia al protagonista della sua commedia Bonifacio, pedante intellettuale che non tiene in nessun conto la propria splendida e dolce moglie Carubina. La giovane sposa, Carubina, soffre, umiliata da questa disattenzione. Crede che il marito sia preso da pensieri gravi riguardanti la sua carriera e ciò gli impedisca di pensare all’amore verso chicchessia. Ma di lì a poco scopre che il marito, il Candelaio, s’è invaghito di una cortigiana (Vittoria) dalla quale pretende prestazioni d’amore senza però dover versare alcun obolo, per cui quest’ultima lo tiene sulle corde affascinandolo sempre più e rifiutandoglisi ad ogni occasione. In una scena seguente, disperata e carica di risentimento, la sposa decide di affrontare la cortigiana che l’accoglie inaspettatamente con simpatia e le consiglia di tentare con soddisfazione una pesante beffa nei riguardi del marito. Così, ammaestrata da Lucia, una ruffiana a servizio di Vittoria, Carubina si travestirà da cortigiana con gli stessi abiti prestateli dalla generosa meretrice. Nella prossima scena si giungerà all’incontro fra il Candelaio con sua moglie che egli crede la cortigiana che finalmente si è concessa alle sue voglie grazie a una pozione che ha reso la femmina follemente innamorata di lui. Prima però dell’incontro amoroso, la ruffiana Lucia e la sposa Carubina ripassano per l’ultima volta la parte. Eccovi crudo e piuttosto audace il dialogo fra la maestra e l’allieva, scena che assomiglia tanto al conversale di Ovidio dal titolo “Consigli di una lenona a una giovane prostituta”. CARUBINA In vero vi pare che io mesma ne’ gesti e ne’ portamenti rassomigli e rapresenti la signora Vittoria? LUCIA Vi giuro per i quindici misteri del rosario - che ho finiti de dire adesso - che io medesima, al presente, mi sembra essere con essa lei. Fin dalla voce e dalle parole vi sono accomodatissime. Ad ogni buon conto farrete bene a parlargli sempre basso quando el vostro sposo ve sarà accanto, sotto voce, con l’esortarlo far l’iguale, fingendo tema di essere udita dalle vicine e dall’altre genti di casa che stanno appresso muro a muro. Fate che ve dia una carezza… Oh per tutte le vergini del Paradiso! Come apparete morbida de pelle e piena sì tosta de guancia che par le natichelle d’un putto de latte! E fateme tastar le poppe vostre e ‘sto culacello… Dèo, come li son sodi e ben forgiati! Son essi gustosi allo spalpignare che paion giusto quelle della signora Vittoria, se non alquanto megliore. Oh, n’avrà gran sollazzo quell’animal che v’ha maritato! CARUBINA Voi m’adulate che me fate sentir tutta arrossata de vergogna! LUCIA Ecco, queste misme parole je dovete ridire quando ve starà addosso, enfojàto. CARUBINA Oh, me raccomando, fate che col lume niuno venga in camera, fin tanto che da me non vi si farrà segno, perché voglio giocarmi costui come un’impastata, con tutto comodo, così come m’ha fatto lezione la signora Vittoria. LUCIA E ci avete ragione, fate a modo de dar qualche bon sollazzo alla povera bestia, prima de tormentarla. Fate che scarghe al meno una volta la bisaccia, per vedere con quanta devozione si maneggi. CARUBINA Oh, quanto a questo, voglio che lo spasso sia da non tenersi per cosa umana! LUCIA Sì fate che se lamenti e vada lacrimando e gridando “pietà!” come uno torturato in sulla ruota! CARUBINA Io me gli mostrarrò tutta infiammata d’amore: e con questo gli piantarrò de baci di orso, lo morsicarrò su le guance, e gli strengerrò le labbra co’ denti, di sorte che sii forzato a farvi udir le strida e gustar de la comedia. Allora dirrò: “Cor mio, vita mia, non cridate, ché saremmo uditi! Perdonami, cor mio, ché questo è per troppo amore!…” LUCIA Il se convinzerrà che tutta ‘sta passione sia per la virtù e la forza dell’incanto per la pozione che voi, come Vittoria, avete ingoiato. CARUBINA Sì, e andrò continuando “…o anima mia, io me liquefaccio tanto che ti sorbirrei tutto a risucchio fino all’ossa!” LUCIA Oh, questa se chiama ben “amor de una tigra infojata”! CARUBINA E questo non basta. Poi farrò di modo che mi porga la lingua; e quella voglio premere tanto forte co’ gli denti che non la potrà ritrarre a suo bel piacere, e non la voglio lasciar sin tanto che non abbia gittati tre o quattro strida. LUCIA Brava, nemanco la signora Vittoria sarebbe sì spietata amante strazzalingue! Attenta, però, che non ve resti staccata in te la bocca. CARUBINA Allor dirrò: “Cor mio bello, mia dolce piaga, anima del mio core, comportami, ti priego questo eccesso! Il mio troppo amare, il mio esser troppo scaldata n’è caggione, questo mi fa freneticare!” LUCIA Bene, ed or vai al gran finale, prendigli a tutte mani gli ammenicoli e il pongiglione. CARUBINA Sì, ecco, fai conto che l’abbia ben afferrati. “Oh amor mio, damme ‘sto tuo scettro da spupazzo, prima mi serràn le mani tolte che tu mi sii tolto dalle mani”. LUCIA Oh, questa storcinata gli farà sortir l’amor dal culo!